Sono molte le motivazioni che ci spingono ad affrontare un pellegrinaggio spirituale: dalla fede religiosa alla ricerca di se stessi; dalla richiesta di una grazia alla sfida personale. Ma qualunque siano le motivazioni, quello che unisce i camminatori, che spesso si avventurano in percorsi non facili e faticosi, è la voglia di arrivare fino alla fine a qualunque costo.
Dati tecnici acchianata a Monte Pellegrino
[] LUNGHEZZA
3,7 km |
[] DURATA
1 ora e 12 min. |
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[] PUNTO DI PARTENZA
Largo Antonio Sellerio Palermo (m. 41) |
[] PUNTO DI ARRIVO
Santuario di Santa Rosalia (m. 446 |
[] DISLIVELLO
m. 400 |
[] DIFFICOLTA’
medio/facile |
Il percorso di per sé non è complicato. Si percorre quella che viene definita la Scala Vecchia, per la maggior parte in pietra e solo in alcuni tratti sterrata. La pendenza non è elevata, ma è costante e per questo motivo la salita risulta un po’ faticosa.
Acchianata a Monte Pellegrino: origini e significato religioso
Tra questi percorsi spirituali oggi vi voglio parlare di quello a me più vicino, anche per questioni logistiche, ovvero l’acchianata a Monte Pellegrino. In dialetto siciliano acchianata vuol dire salita, ed il percorso in questione porta in cima a Monte Pellegrino, la montagna di Palermo, definita da Goethe “il più bel promontorio del mondo”. Qui si trova il santuario di Santa Rosalia, costruito attorno alla grotta dove sono state ritrovate le ossa della Santa, nell’ormai lontano 1624. In quel periodo la città di Palermo stava attraversando un momento non facile: un’epidemia di peste aveva decimato la popolazione e sembrava non volersi arrestare. Le ossa della Santa, poco dopo essere state ritrovate, vennero portate in processione lungo le strade della città e lì avvenne il miracolo. Da quel momento in poi più nessuno si ammalò e la città fu finalmente liberata dalla peste. Da allora Santa Rosalia è divenuta la santa protettrice di Palermo, chiamata da tutti la Santuzza.
Ogni anno, e più precisamente il 4 di settembre, migliaia di palermitani salgono a piedi lungo l’antico percorso dei pellegrini, per raggiungere il santuario. Molti iniziano il cammino alle prime luci dell’alba, per evitare il gran caldo che in questo periodo ancora la fa da padrona. Per tutto il mese di settembre la strada carrabile è chiusa al traffico e l’unico modo per raggiungere la cima è a piedi oppure tramite bus navetta.
Lungo il percorso si incontra tanta gente: intere famiglie con bambini piccoli e cani al seguito; camminatori solitari; gente a piedi nudi; gente in bicicletta; fedeli; escursionisti… Tutti con l’intenzione di arrivare fin alla fine.
La mia esperienza
Come detto in precedenza sono tanti i motivi che ci spingono ad affrontare un itinerario spirituale. Nel mio caso, a pochi giorni dall’inizio dell’Università e con un bagaglio di preoccupazioni piuttosto pesante sulle spalle, avevo bisogno di un gesto simbolico per dimostrare a me stessa che sono in grado di affrontare situazioni apparentemente complicate. Volevo dimostrare che nonostante le paure e le tante difficoltà, si può intraprendere un percorso e lottare per portarlo a termine.
In questo caso le paure e le difficoltà erano tante. Temevo di non riuscire ad arrivare fino alla fine; temevo che i 400 metri di dislivello fossero troppi per me; temevo di sentirmi male come lo scorso anno alla Rocca di Cefalù. Ad alimentare le mie paure ci si sono messe pure le condizioni esterne: temperatura reale 30°, percepita 36°; orario di partenza ore 14,30; tasso di umidità alto. Sembra la cronaca di un disastro annunciato.
Ma le esperienze del passato, anche se fallimentari, ci insegnano sempre qualcosa e bisogna fare tesoro di questi insegnamenti. Questa volta mi sono vestita in maniera adeguata: pantaloncini traspiranti, canottiera, cappellino, e le mie immancabili scarpe trekking; questa volta non sono sola ma in compagnia di Luisa ed Ivan; questa volta prima di partire ho bevuto un integratore a base di magnesio e potassio.
La salita è stata faticosa, lo ammetto, ma decisamente meno di quanto pensassi. Facendo diverse soste per riposare e per bere acqua, ci abbiamo impiegato circa 1 ora e mezza per arrivare fino al santuario. E dal momento che ce la sentivamo, siamo pure arrivati fino al belvedere, che si trova 1,5 km più avanti, per ammirare tutto il panorama dall’alto.
Come prevedevo la discesa è stata più difficile della salita. A metà percorso infatti il ginocchio ha cominciato a farmi male e sono arrivata al traguardo zoppicando. Ma ce l’ho fatta, sono riuscita a completare il percorso per intero, con le mie sole forze, con tutte le mie paure e le mie difficoltà. Perché le persone coraggiose non sono quelle che non hanno paura, ma quelle che pur avendola affrontano lo stesso le situazioni.
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