Il Laocoonte ai Musei Vaticani ed il legame con la storia di Roma

Laocoonte Musei Vaticani

Il gruppo statuario del Laocoonte è considerata una delle opere più importanti e significative dell’età ellenistica. Si tratta di una statua  in marmo realizzata a Rodi nella seconda metà del I secolo a.C., oggi esposta ai Musei Vaticani, nella sezione chiamata Pio Clementino, meglio conosciuto come Cortile Ottagonale.

L’opera racconta uno degli episodi più famosi della mitologia greca ed ha un fortissimo legame con la città di Roma. Non è un caso che se la siano contesa personaggi di grande rilevanza politica della capitale italiana. Mi riferisco per esempio all’imperatore Tito, che la esponeva nel suo palazzo imperiale a Roma, suscitando l’ammirazione di Plinio il Vecchio che ci confessa di essere rimasto abbagliato dai “grovigli meravigliosi”. E mi riferisco anche a papa Giulio II Della Rovere che, in un contesto di grande rivalutazione storico-artistica, l’acquistò nel 1506, dopo che la statua fu ritrovata sul colle Esquilino. Il grande Michelangelo definì l’opera “un portento d’arte”.

Ora vi starete chiedendo il perché di questo forte legame tra un episodio avvenuto nella lontana città di Troia, identificata all’altezza dello stretto dei Dardanelli e in un periodo storico che si può fare risalire al 1200 a.C., con la città che creò il più grande impero della storia antica.

La storia di Laocoonte nell’Eneide


Per scoprirlo dobbiamo addentrarci nella lettura dell’Eneide, capolavoro di Virgilio, e più precisamente nel secondo libro. Qui Enea, dopo essere stato accolto dalla regina Didone a Cartagine, le racconta con grande dolore e profonda sofferenza le vicissitudini che hanno portato alla caduta di Troia, la sua città. Tutto ha avuto inizio quando i Greci, dopo 10 lunghi anni di estenuante ed infruttuosa guerra, stanchi e sfiduciati, decidono di abbandonare il campo di battaglia e di fare ritorno in patria. Tutto questo non prima di avere costruito un gigantesco cavallo di legno che, in segno di buon auspicio, lasciano come dono agli dei davanti alle porte della città di Troia.

I Troiani, volendo infierire ancora di più contro i Greci, e accaparrarsi così la benevolenza degli dei,  decidono di portare il cavallo all’interno delle loro inespugnabili mura. Tutti sembrano ben contenti di questa operazione. Tutti tranne uno: Laocoonte.

Ma chi era Laocoonte? Laocoonte era un sacerdote di Nettuno, quindi un personaggio autorevole, e anche piuttosto lungimirante, che non si fidava assolutamente dei Greci. Ecco perché ad un certo punto urla “Concittadini infelici, che è questa grande follia? Credete via tratti i nemici o ritenete che privo di inganno sia mai un dono dei Danai?” (Eneide, Libro II).  E immediatamente dopo conficcò una lancia nella pancia del cavallo che subito vibrò, come a testimoniare l’esistenza di un grande spazio vuoto all’interno.

Laocoonte aveva ragione da vendere a non fidarsi dei Greci, e se i Troiani lo avessero ascoltato oggi staremmo qui a raccontare un’altra storia. Altro che stanchi e sfiduciati! I Greci, illuminati dall’idea di Ulisse, riuscirono ad architettare un piano che è diventato il capolavoro dell’inganno più celebre della storia di tutti i tempi. Ma né Laocoonte né i suoi concittadini potevano immaginare che dietro a tutto questo c’era non soltanto un astuto piano, ma soprattutto la forte volontà degli dei ad aiutare i Greci.

Laocoonte fu punito con la vita ed in modo atroce. ” Ecco allora, per la calma marina, una coppia gemella di rettili dalle smodate spire (ho un brivido nel riferirlo) incombono sulla distesa e con pari moto puntano al lido“. (Eneide, Libro II). I giganteschi serpenti si dirigono verso Laocoonte e, aggrovigliandosi tutto intorno a lui, lo stritolano. A nulla vale l’intervento dei due giovani figli che, giunti in soccorso, fanno la stessa fine del padre.

Ora possiamo solo immaginare lo sconcerto provato da tutti gli astanti di fronte ad una scena tanto spettacolare quanto crudele. Il messaggio era chiaro: gli dei volevano mettere a tacere i dubbi di Laocoonte, e questo fu l’episodio che convinse definitivamente i Troiani a porre il cavallo nel punto più alto della città. Come è andata a finire la storia lo sappiamo tutti.

Dalla fuga di Enea alla fondazione di Roma


Quello che è importante dire è che questo episodio è l’inizio della fine di Troia, che fu espugnata solo con l’inganno. E tutto questo noi oggi lo sappiamo grazie ad Enea, cugino di Ettore, unico che riesce a salvarsi con un gruppetto di uomini e donne al seguito. Enea fugge, lascia la sua città in fiamme. Ma Enea ha un compito ben preciso, come gli comunica il cugino Ettore apparso in sogno “Ti affida Troia i suoi santi arredi e i Penati: prendili compagni ai tuoi destini, con essi ricerca le mura grandi, che infine costruirai peregrinate le distese del mare“. (Eneide, Libro II). Dopo mille disavventure infatti Enea approderà nel Lazio, fonderà una città e dalla sua discendenza nasceranno i fondatori di Roma.

Ed ecco così spiegato il forte legame tra Laocoonte e Roma, e il grande interesse che personaggi autorevoli hanno mostrato nei confronti di questa meravigliosa opera.

 

 

Informazioni su Giusy Vaccaro 105 Articoli
Laureata in Beni Culturali , attualmente sto proseguendo gli studi in Storia dell'Arte presso l'Università di Palermo. Dopo aver accumulato molti anni di esperienza nel settore dell'informatica, ho deciso di seguire la mia passione per la cultura e il territorio, fondando il blog ioamolasicilia.com, dedicato alla valorizzazione della Sicilia. Sono inoltre presidente dell'Associazione Culturale Pantarei che promuove eventi culturali e iniziative artistiche.

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